PRESUPPOSTO:
Il principio morale basilare di chi svolge il ruolo di amministratore pubblico sarebbe di “agire nel modo più efficace per la convivenza di tutti”.
E questo è il modo in cui la vedo io.
Le convinzioni di molti si concentrano più sul dove apporre divieti per eliminare i fenomeni delinquenziali che sul come proporre adeguate condizioni per un sereno sviluppo.
Se voglio raggiungere un obiettivo è necessario che io sappia chiaramente quello che voglio ottenere.
Ti pare? Pensaci un attimo.
Insomma, tradotto, si può leggere così: “avere chiaro il quadro della situazione”.
Se il presupposto è che gli occhi vedono quello che la mente sa (c’è sempre da valutare cosa la mente sappia davvero…), si è capito onestamente (e per questo ringrazio due assessori del comune di Roseto) che è possibile coltivare certezze estirpando la vegetazione.
Così, con un solo intervento urbanistico (che chiamo l’obiettivo) si crea un ambiente ideale per i giovani e si combatte, allo stesso tempo, il problema della droga (che chiamo lo scopo).
In sostanza: “prendere due piccioni con una fava”.
Come si può leggere ancora?
Ci provo: se togli il luogo ideale per il peccato, si estingue di conseguenza anche il peccatore. L’esempio ce l’abbiamo e quindi si può prendere come modello: un po’ come si è verificato per le case di tolleranza che da quando sono state chiuse è scomparso, a ruota, il mondo della prostituzione. Sappiamo, quindi, che funziona.
Ti faccio questa domanda: la capacità di un politico, per te, si può riassumere in queste tre abilità?:
visione sempre aggiornata del cosa fare;
capacità pratiche del come metterle in atto;
abilità comunicative per il coinvolgimento e per il confronto.
La mia banale convinzione è che (in politica) ci si concentri troppo sulle spiegazioni a consuntivo e troppo poco sui deboli segnali premonitori, per cui si rischia di produrre prove del tipo “perché quel fenomeno si è sviluppato così” ma senza risolverlo (perché già passato) o incapaci di evitare che si ripeta.
Non sono però un esperto di politica e/o teorie politiche (come dovrebbe esserlo chi la politica la fa), per cui potrei dire una cretinata. Anzi, mettiamo che l’abbia detta.
Mi è venuto, quindi, un dubbio: che sia un’idea distorta e cretina, e solo mia, quella sulla politica? E poi un altro: che a Roseto viviamo in un ambiente con una incredibile lungimiranza politica ancora non completamente apprezzata dai cittadini?
Pare che sia proprio così.
Ne faccio ammenda e lo dichiaro pubblicamente.
Se è vero che eliminare a piazza Dante i cespugli e gli alberi aiuta a debellare il fenomeno della droga, allora, perché non eliminare ogni cespuglio verde della città?
Ma che semplice deduzione! E se ci sono arrivato io, ci può arrivare chiunque…
Vuoi vedere che la cementificazione del villaggio Maresca poteva evitare il proliferare del problema droga a Roseto? Personalmente, l’avevo sottovalutato!
Sì, ma come nascono queste riflessioni?
È vero, non l’ho detto.
Sarà opportuno leggere la lettera che mi ha inviato un attento, sensibile e preparato amico.
Abbi gioia
Giannicola
Riflessioni di un idiota
(ovviamente le mie)
C’era una volta Piazza Dante, coi suoi alberi, le panchine, e la fontana, che dai primi tepori primaverili fino agli ultimi raggi di sole autunnale, si riempiva di frotte di bimbi scorrazzanti e schiamazzanti sotto l’occhio vigile dei genitori. Gli alberi, adesso, non ci sono quasi più. La fontana e le panchine sono sparite sotto i colpi della pala meccanica. La piazzetta è un campo di detriti. Perfino le sculture di Roberto Macellaro, che ricordavano a tutti noi che quella piazza era nata, ai tempi de “Le Quote”, come luogo di mercato dei prodotti ortofrutticoli e del pesce, sono state rimosse per essere dimenticate sotto la polvere di qualche magazzino comunale. L’Assessore ai Lavori Pubblici assicura però che gli alberi (abbattuti con la ruspa e fatti a pezzi con la motosega) saranno trapiantati nel giardino della Villa Comunale.
Di malumore per siffatta devastazione, ho chiesto lumi all’Assessore alla Cultura sulle ragioni di tale traumatico espianto di vegetazione. Mi ha risposto che essa dava rifugio ai drogati che notoriamente si annidano nelle aiuole e dietro il folto delle chiome degli alberi.
Ho riflettuto sul punto.
La spiegazione mi ha tranquillizzato. Rimangono però alcuni, isolati, alberi di alto fusto (tra cui il vecchio platano, già scampato ai lavori di pedonalizzazione della piazza realizzati nel 1984). Mi chiedo. Non sarebbe il caso di tagliare anche quelli per risolvere, “alla radice”, il problema dei drogati di Piazza Dante?
Un nativo di Piazza Dante.
Fabio Celommi