Articolo già bubblicato su Roseto.com l’11 Aprile 2007. I molti nuovi, e da poco inseriti nell’elenco, ci hanno richiesto di leggere anche gli articoli passati ed abbiamo così pensato di renderli visibili a tutti. Grazie per l’interesse.
Chi è ‘sto ragazzino nella foto, modello “piccole canaglie”? Uno dei fondamenti della cristianità è “ama il prossimo tuo come te stesso”. Come te stesso! E in questa testimonianza si realizza lo scopo principale e lo scopo ultimo della vita. Ci sono persone molto facoltose, persone che hanno una posizione socialmente elevata ed ogni comfort, persone alle quali sembra non mancare nulla ma proprio nulla a cui tuttavia manca qualche cosa, quella cosa principale che può, da sola, renderli soddisfatti: la conoscenza dello scopo della propria vita che è la causa o l’effetto (o entrambi: l’alfa e l’omega!) dell’amare se stessi. Questa è la principale consapevolezza che manca a molti. Si può essere interessati a tantissime cose ma comunque non arrivare mai al punto di trovare lo scopo della propria vita. Perché? Sarà forse perché non lo si cerca? Ho letto da qualche parte una bella frase (anonima, tra l’altro) che recita: “oggi è il primo giorno della vita che ti resta da vivere”… fantastico, no? È un’esortazione affinché ognuno si convinca che è possibile cambiare e che lo si può fare conseguendo risultati sorprendenti, iniziando da questo preciso momento. William James, scrisse sei frasi che possono cambiare il destino di chiunque se raccolte e fatte proprie: · in quasi tutte le materie, la vostra passione per la materia vi salverà;
· se v’importa il risultato, quasi sicuramente lo raggiungerete;
· se desiderate essere ricchi, sarete ricchi;
· se desiderate essere colti, sarete colti;
· soltanto, dovrete desiderare veramente queste cose e desiderarlo in modo esclusivo, ardentemente;
· e… non desiderare un altro centinaio di cose incompatibili altrettanto fortemente. Nella nostra vita di tutti i giorni non c’è bisogno di fare cose impossibili o estreme; non c’è bisogno di fare chissà cosa per passare sui libri di storia, ma iniziare a fare. L’azione fa la differenza. Quante volte ci siamo detti: “domani lo faccio…”; “ho finalmente deciso di farlo…” e poi, regolarmente, non l’abbiamo fatto? La grande differenza che c’è tra chi alla fine riesce e tra chi non riesce mai sta tutta qui: nell’azione. E l’azione, spesso, è più facile di quello che si pensa se uno capisce che deve iniziare adesso. Ricordiamoci allora che “oggi è il primo giorno della vita che ti resta da vivere”! Abbiamo così tante capacità non espresse che se ne sfruttassimo solo un 10% in più saremmo dieci volte meglio di quello che siamo adesso. Indipendentemente da quello che oggi siamo e indipendentemente da quello che vogliamo realizzare (ognuno avrà il suo obiettivo). E quello che oggi siamo, è il massimo di quello che possiamo essere? Dobbiamo solo capire cosa ci interessa fare e farlo; se ci interessa migliorare la nostra condizione attuale e spostarci nella condizione desiderata, capire cosa e come dobbiamo fare. Ma non basta volerlo, bisogna volerlo ardentemente. Se ci interessa e ci piace farlo abbiamo già buone possibilità di riuscita. Lasciamoci con qualche domanda su cui riflettere: · che cosa cambierà?
· quali saranno le conseguenze del cambiamento?
· chi, oltre noi stessi, ne sarà interessato?
· quali saranno i rischi e le opportunità? Detto tutto questo, sempre per aiutare la riflessione, lascio spazio ad una storia che è meglio conoscere per la forza della costanza, della tenacia, della perseveranza che in essa è contenuta, ed è soprattutto la vera storia di quel bambino, col cappello, nella foto…: Il Sig. Honda Nel 1938 il Sig. Honda era un povero studente con il sogno di disegnare una fascia elastica del pistone, da vendere e produrre per la Toyota Corporation. Ogni giorno andava a scuola ed ogni notte lavorava al suo progetto, investendo su di esso i pochi soldi che aveva fino ad impegnare la gioielleria della moglie. Dopo due anni di sforzi riuscì a rifinire il suo progetto, che lui era certo, sarebbe stato comprato dalla Toyota. Quando glielo portò… lo rifiutarono! Fu rimandato a scuola a subire l’umiliazione degli insegnanti e dei compagni che gli dicevano quanto fosse idiota a disegnare un oggetto così ridicolo. Ma lui non cedette, al contrario, passò i successivi anni cercando il modo di migliorare il suo pistone e alla fine, dopo altri due anni, raffinò il suo disegno e la Toyota lo acquistò! Per costruire la sua fabbrica di pistoni il Sig. Honda aveva bisogno di calcestruzzo, ma non ce n’era disponibile perchè il governo giapponese stava preparandosi alla seconda guerra mondiale. Ancora una volta sembrava che il suo sogno svanisse. Ma la parola “rinuncia” non faceva parte del suo vocabolario: mise allora insieme un gruppo di amici e per settimane lavorarono cercando diversi approcci finchè trovarono un nuovo modo per produrre il calcestruzzo. Co
struì così la sua fabbrica e finalmente fu in grado di produrre le speciali fasce elastiche dei pistoni. La storia non finisce qui… Durante la guerra gli Stati Uniti bombardarono la sua fabbrica distruggendola quasi tutta, ma il Sig. Honda, invece di sentirsi sconfitto, radunò tutti i suoi impiegati e disse: “Svelti! Correte fuori e guardate quegli aerei. Scaricheranno i loro bidoni di combustibile nel cielo. Dobbiamo trovare dove li scaricano e andarli a prendere perchè contengono le materie prime che ci servono per la nostra produzione!” Si trattava di materiali che in quel momento non era possibile reperire in Giappone. Il Sig. Honda trovò il modo di sfruttare tutto ciò che la vita gli offriva. Finchè un giorno un terremoto rase al suolo la sua fabbrica e lui dovette vendere la produzione delle speciali fasce elastiche alla Toyota. Ma… Ma Dio non chiude mai una porta senza aprirne un’altra, per questo dobbiamo stare attenti a vedere quali nuove opportunità la vita ci presenta… Quando terminò, la guerra il Giappone cadde in uno scompiglio totale. Le risorse erano scarse e il Sig. Honda non trovava neanche carburante a sufficienza per guidare la sua macchina fino al mercato dove comprava da mangiare per la sua famiglia. Si sentì sconfitto o impotente? Niente affatto! Si pose una domanda molto potente: “In quale altro modo posso aiutare la mia famiglia usando le cose che già ho per arrivare dove voglio?” Notò un piccolo motore che aveva, del tipo adatto a far funzionare una falciatrice: gli venne l’idea di montarlo su una bicicletta. In quel momento aveva creato la prima bicicletta motorizzata. In poco tempo fece talmente tante biciclette che finì i motori e decise di costruire una nuova fabbrica per costruirseli da sé. Ma non aveva soldi e il Giappone era dilaniato. Come poteva fare? Invece di abbandonare il progetto e dire “Non c’è modo di realizzarlo” gli venne una brillante idea.
Poi chiese loro di investire.
Sui 18.000 proprietari che ricevettero la lettera, 3.000 diedero del denaro al Sig. Honda che potè produrre la sua prima spedizione.
E così fu un gran successo, vero? Sbagliato!
La motocicletta era troppo grande e ingombrante e pochi giapponesi la comprarono.
Quindi, ancora una volta, osservò cosa non funzionava ed invece di rinunciare cambiò nuovamente approccio. Decise di ridurre la motocicletta, di renderla più piccola e leggera.
La chiamò “La Piccola” e divenne immediatamente un gran successo, facendogli guadagnare il riconoscimento dell’Imperatore.
Tutti pensavano a quanto fosse stato fortunato ad aver avuto una simile idea.
Era fortuna? Forse, se questa parola significa “lavoro svolto con la corretta conoscenza”.
Oggi la società del Sig. Honda è una delle più famose al mondo.
L’Honda Corporation occupa centinaia di migliaia di persone con succursali e agenzie in tutto il mondo, e tutto questo perchè…il Sig. Honda non ha mai rinunciato.
Per concludere: “oggi è il primo giorno della vita che ti resta da vivere”!
Abbi gioia.
Giannicola De Antoniis