Nel post del 10 gennaio scorso, IL MONACO E LA SCIMMIA, facevo riferimento a come le mancanze possono rafforzare delle situazioni personali e/o professionali. In questo articolo di oggi, di Gill Corkindale, si parla dell’altra faccia della medaglia: di come, cioè, i punti di forza possono diventare punti deboli! E capita, sai?
Gill Corkindale è un Executive Coach e scrittrice con sede a Londra, il suo focus è sulla gestione globale e la Leadership. Gill è stata anche redattrice del Financial Times prima che dalla Harvard Business Review.
Una delle prime cose che chiedo ai miei nuovi clienti è quella di scrivere tre dei loro principali punti di forza e tre debolezze. Normalmente i punti di forza possono essere attenzione ai dettagli, focalizzazione e spinta; debolezze possono essere il delegare, la mancanza di creatività e di capacità di gestire le persone. Poi chiedo ai clienti di rileggere attentamente quello che hanno scritto; spesso fissano il foglio e poi me e mi chiedono una spiegazione. Raramente vedono la connessione.
Il fatto è che le nostre debolezze spesso sono l’immagine riflessa dei nostri punti di forza ed è importante realizzare che non dovremmo approfittare dei nostri pregi a tal punto da farli diventare delle debolezze. C’è sempre un punto ottimale: la fiducia che non sconfina nell’arroganza, l’arguzia che non scivola nel sarcasmo e la diligenza che non diventa perfezionismo. Ho avuto modo di osservare diversi leader che sono caduti nella trappola forza/debolezza; lodati e premiati per aver dimostrato particolari qualità durante la loro carriera, sono diventati ciechi ai lati in ombra di questi punti di forza. E, spesso, questa miopia può rovinare una carriera.
Sono stata perciò molto interessata nel leggere una nuova ricerca che scava nei lati oscuri dei leader. I ricercatori hanno intervistato 18.000 leader inglesi nell’arco di un decennio (dal 1999 al 2009) per scoprire cosa li ha fatti deragliare sotto pressione. Hanno identificato 11 cause – punti di forza che sotto pressione si sono trasformati in debolezze – che comprendono scaltro/diffidente, affascinante/manipolatore, vivace/drammatico e diligente/perfezionista. Queste “caratteristiche oscure” erano presenti nell’85% dei leader intervistati, il 16% dei quali ne possedevano tre.
È interessante notare che la più comune caratteristica del lato oscuro nel Regno Unito è deferente/dipendente, cioè l’essere troppo accomodante e pacificatore quando si è sotto pressione. In più un quarto dei leader inglesi tende anche a ritirarsi dalle situazioni difficili e a rendersi distaccato.
Le implicazioni di questi risultati sono significative per le compagnie alle prese con le incertezze della nuova era economica. Considerate, per esempio, una compagnia il cui Senior Executive team è uniformemente deferente: cosa succede quando si trovano di fronte a una crisi oppure un CEO onnipotente guida la loro strategia nella direzione sbagliata? Il buon senso dice che dovrebbero prendere di petto la crisi o sfidare il CEO, ma la ricerca suggerisce che saranno più propensi a tenere tutti la testa bassa. Questo comportamento si è manifestato alla Royal Bank of Scotland quando l’anno scorso è stata soggetta a una pesante pressione: è stato evidente che il senior team non ha adeguatamente messo in discussione la strategia né chiamato il CEO a rispondere delle sue azioni.
Sono sicura che tutti possiamo proporre esempi di manager e leader che non sono coscienti del lato oscuro del loro entusiasmo (volatilità), fascino (manipolazione) o concentrazione (aggressione passiva). Molto spesso sono consapevoli solo degli effetti positivi delle loro personalità, non prendendone in considerazione l’impatto negativo su quanti li circondano. Se rimangono impervi ai feedback – oppure la cultura organizzativa non supporta feedback individuali – allora i Senior leader rischiano di sabotare sia le loro carriere che le loro compagnie. Un leader che si assume un ruolo da Senior dovrebbe ricordare che ci sono molte cose al di là del suo controllo che possono farlo deragliare e quindi non dovrebbe aggiungere anche i suoi “punti ciechi” all’elenco.
Quindi, cosa possono fare le organizzazioni e gli individui?
1) Individuare potenziali deragliatori in fase di reclutamento. Non vi fate abbagliare da eccezionali prestazioni in un’area per poi scoprire una mancanza
di competenza di base in altre. Dirigenti forti e concentrati sui risultati possono essere desiderabili, ma questi tratti devono essere bilanciati da una certa capacità di gestire le persone. Allo stesso modo, rendetevi conto che il successo in una società non necessariamente significa successo garantito in una diversa cultura organizzativa.
di competenza di base in altre. Dirigenti forti e concentrati sui risultati possono essere desiderabili, ma questi tratti devono essere bilanciati da una certa capacità di gestire le persone. Allo stesso modo, rendetevi conto che il successo in una società non necessariamente significa successo garantito in una diversa cultura organizzativa.
2) Assicurarsi che le carriere vengano gestite in maniera sostenibile. Molte organizzazioni accelerano la carriera degli high-fliers spingendoli al di là delle loro reali capacità, ignorandone limitazioni e carenze finché non emergono in momenti di pressione. Questo può seriamente danneggiare la persona, la squadra e l’organizzazione.
3) Usare feedback e test psicometrici per aumentare la consapevolezza. Regolari sondaggi di feedback a 360 gradi possono aiutare i dirigenti e i top team (compreso il CEO) a identificare, comprendere e analizzare il reale impatto delle loro carenze. Test psicometrici come l’HDS possono anche aiutare i dirigenti a comprendere dove si trovano punti critici nelle loro personalità. Usando queste informazioni dovrebbero lavorare a una strategia personale per gestire queste carenze, sia attraverso il coaching che attraverso appositi programmi.
4) Comprendere come i tratti varino da una generazione all’altra. Secondo questa ricerca, per esempio, i membri della generazione Y sono molto più remissivi e deferenti di quelli di altre generazioni, fatto che può renderli riluttanti a prendere decisioni o a sfidare lo status quo. I membri della generazione X, invece, hanno maggiori abilità sociali, ma possono essere percepiti come superficiali o manipolatori se esagerano nel farvi ricorso.
Cosa pensi dei lati oscuri dei leader? Hai mai avuto modo di sperimentare come punti di forza possano trasformarsi in debolezze? Hai esperienze di “deragliatori” – tue o di altri – da condividere? E hai trovato dei modi interessanti per assicurarti che non si esageri nel ricorso ai propri punti di forza?
Gill Corkindale
Ognuno come può!
Abbi Gioia
Giannicola