ARTICOLO TRATTO DAL SITO www.wired.it
Atleta, modella e oggi anche attrice. Aimee Mullins è stata la musa dello stilista Alexander McQueen e dell’artista visionario Matthew Barney. A un anno ha subito l’amputazione delle gambe. Da allora ha fatto della sua vita una sfida continua. Soprattutto contro i pregiudizi. Ce lo racconta in un articolo scritto apposta per noi.
Quando il dottor Hugh Herr, lo scattista Oscar Pistorius e io siamo menzionati nello stesso articolo, probabilmente è perché abbiamo una condizione medica comune: siamo tre esseri umani cui sono state amputate le gambe al di sotto del ginocchio. Ma soprattutto abbiamo in comune un’altra cosa e cioè il modo in cui affrontiamo le difficoltà. Condividiamo il sogno di un potenziale infinito, perché vediamo una possibilità laddove gli altri vedono una limitazione. Possiamo distinguere tra il fatto oggettivo di essere degli amputati dalla sensazione, tutta soggettiva, di essere o meno dei “disabili”. LA PERCEZIONE DELLA DISABILITA’ e di quello stato di “figli di un dio minore” che comporta sono a un punto di svolta, perché la visione di ciò che è possibile non è più patrimonio solo di pochi ma è accettata da un pubblico sempre più vasto. Il dibattito sulle protesi è cambiato; le realtà del potenziamento corporeo hanno smesso di essere fantascienza e sono sempre più prerogativa della scienza. Una scienza pronta a dialogare con chi voglia esplorare l’interazione tra i propri desideri e il proprio corpo. Artisti e scultori, stilisti, grafici della comunicazione, ingegneri aerospaziali, designer di mobili, artisti del make-up per effetti speciali… A prendere parte alla scoperta del potenziale della prostetica sono invitati talenti provenienti dalle discipline più diverse. E se l’obiettivo più ampio è quello di facilitare la mobilità e la vita di ogni giorno per milioni di disabili, non possiamo dimenticare il potere del sogno, il valore dell’immaginazione collettiva che porta alle grandi innovazioni. I benefici, in definitiva, li avvertono tutti. C’è una sorta di effetto cascata al contrario, per cui un passo in avanti compiuto nel campo specifico del design e dell’innovazione tecnologica a beneficio dei disabili, comporta avanzamenti nel campo del design tradizionale per l’intera popolazione. Come gli occhiali da vista e le protesi articolari in titanio. Forse stiamo andando oltre la visione darwiniana dell’evoluzione umana: gli umani possono farsi architetti della propria identità disegnando un corpo che prenda il posto degli adattamenti graduali tipici della natura. Eppure fu proprio Darwin lo studioso che, scrivendo di evoluzione circa 150 anni fa, illustrò anche una verità relativa all’essere umano: «A sopravvivere non è la specie più forte, né la più intelligente. È quella che meglio si adatta ai cambiamenti». “Svantaggio” è semplicemente un altro modo di definire un cambiamento. La nostra società tende a dare al concetto una connotazione negativa, come una “difficoltà”, ma noi potremmo farci il regalo di ri-immaginare lo svantaggio come “un cambiamento al quale non ci siamo ancora adattati”. Fa parte della natura umana il fermarsi bruscamente, lo smettere di funzionare, il non voler correre rischi nei momenti di sfortuna. Fa parte della nostra natura il voler conservare lo statu quo, anche se questo ci limita o addirittura ci danneggia. Tuttavia gli innovatori compiono qualcosa d’altro: si addestrano a reagire alle difficoltà in modo diverso da quello solitamente imposto dai condizionamenti. In tutti i gruppi socioeconomici, culturali o anagrafici, ciascuno è sottoposto a sfide, cambiamenti, e quindi difficoltà, e penso sia corretto dire che le difficoltà provocano a tutti un senso di disagio. Ma se per molti questo comporta una sconfitta, un blocco, per altri – gli innovatori, i rivoluzionari, i provocatori – quel disagio porta una crescita, la preziosa opportunità di scoprire un potenziale. Gli innovatori, si parli qui di sport, scienza o affari, accettano le sfide e non tendono a sfuggirle. Imparano, insomma, a sentirsi a proprio agio dentro al disagio. Il seme dell’ispirazione spesso germoglia nel suolo fertile delle avversità, specie quando questo suolo è arricchito da ricerche e tecnologie all’avanguardia e da elementi nutritivi antichi come la poesia e l’ispirazione. Che significato ha l’evoluzione prostetica per una come me, una che porta la sua passione per l’esplorazione nel mondo dello sport, della moda, dell’arte, del design, del cinema? Da un punto di vista materiale significa avere tante paia di gambe, per soddisfare bisogni specifici: gambe da corsa, gambe da nuoto, gambe di “vetro”, gambe effetto medusa, gambe per indossare scarpe con o senza tacco, gambe che mi fanno alta 1 e 85, gambe di legno intagliate a mano e di design, gambe con caviglie a propulsione. Da un punto di vista più generale, significa che il dibattito sociale sul progresso della prostetica si fa sostenitore di una potenziale rivoluzione nel pensiero comune e sarà questa a precedere ogni cambiamento autentico.
Quando il dottor Hugh Herr, lo scattista Oscar Pistorius e io siamo menzionati nello stesso articolo, probabilmente è perché abbiamo una condizione medica comune: siamo tre esseri umani cui sono state amputate le gambe al di sotto del ginocchio. Ma soprattutto abbiamo in comune un’altra cosa e cioè il modo in cui affrontiamo le difficoltà. Condividiamo il sogno di un potenziale infinito, perché vediamo una possibilità laddove gli altri vedono una limitazione. Possiamo distinguere tra il fatto oggettivo di essere degli amputati dalla sensazione, tutta soggettiva, di essere o meno dei “disabili”. LA PERCEZIONE DELLA DISABILITA’ e di quello stato di “figli di un dio minore” che comporta sono a un punto di svolta, perché la visione di ciò che è possibile non è più patrimonio solo di pochi ma è accettata da un pubblico sempre più vasto. Il dibattito sulle protesi è cambiato; le realtà del potenziamento corporeo hanno smesso di essere fantascienza e sono sempre più prerogativa della scienza. Una scienza pronta a dialogare con chi voglia esplorare l’interazione tra i propri desideri e il proprio corpo. Artisti e scultori, stilisti, grafici della comunicazione, ingegneri aerospaziali, designer di mobili, artisti del make-up per effetti speciali… A prendere parte alla scoperta del potenziale della prostetica sono invitati talenti provenienti dalle discipline più diverse. E se l’obiettivo più ampio è quello di facilitare la mobilità e la vita di ogni giorno per milioni di disabili, non possiamo dimenticare il potere del sogno, il valore dell’immaginazione collettiva che porta alle grandi innovazioni. I benefici, in definitiva, li avvertono tutti. C’è una sorta di effetto cascata al contrario, per cui un passo in avanti compiuto nel campo specifico del design e dell’innovazione tecnologica a beneficio dei disabili, comporta avanzamenti nel campo del design tradizionale per l’intera popolazione. Come gli occhiali da vista e le protesi articolari in titanio. Forse stiamo andando oltre la visione darwiniana dell’evoluzione umana: gli umani possono farsi architetti della propria identità disegnando un corpo che prenda il posto degli adattamenti graduali tipici della natura. Eppure fu proprio Darwin lo studioso che, scrivendo di evoluzione circa 150 anni fa, illustrò anche una verità relativa all’essere umano: «A sopravvivere non è la specie più forte, né la più intelligente. È quella che meglio si adatta ai cambiamenti». “Svantaggio” è semplicemente un altro modo di definire un cambiamento. La nostra società tende a dare al concetto una connotazione negativa, come una “difficoltà”, ma noi potremmo farci il regalo di ri-immaginare lo svantaggio come “un cambiamento al quale non ci siamo ancora adattati”. Fa parte della natura umana il fermarsi bruscamente, lo smettere di funzionare, il non voler correre rischi nei momenti di sfortuna. Fa parte della nostra natura il voler conservare lo statu quo, anche se questo ci limita o addirittura ci danneggia. Tuttavia gli innovatori compiono qualcosa d’altro: si addestrano a reagire alle difficoltà in modo diverso da quello solitamente imposto dai condizionamenti. In tutti i gruppi socioeconomici, culturali o anagrafici, ciascuno è sottoposto a sfide, cambiamenti, e quindi difficoltà, e penso sia corretto dire che le difficoltà provocano a tutti un senso di disagio. Ma se per molti questo comporta una sconfitta, un blocco, per altri – gli innovatori, i rivoluzionari, i provocatori – quel disagio porta una crescita, la preziosa opportunità di scoprire un potenziale. Gli innovatori, si parli qui di sport, scienza o affari, accettano le sfide e non tendono a sfuggirle. Imparano, insomma, a sentirsi a proprio agio dentro al disagio. Il seme dell’ispirazione spesso germoglia nel suolo fertile delle avversità, specie quando questo suolo è arricchito da ricerche e tecnologie all’avanguardia e da elementi nutritivi antichi come la poesia e l’ispirazione. Che significato ha l’evoluzione prostetica per una come me, una che porta la sua passione per l’esplorazione nel mondo dello sport, della moda, dell’arte, del design, del cinema? Da un punto di vista materiale significa avere tante paia di gambe, per soddisfare bisogni specifici: gambe da corsa, gambe da nuoto, gambe di “vetro”, gambe effetto medusa, gambe per indossare scarpe con o senza tacco, gambe che mi fanno alta 1 e 85, gambe di legno intagliate a mano e di design, gambe con caviglie a propulsione. Da un punto di vista più generale, significa che il dibattito sociale sul progresso della prostetica si fa sostenitore di una potenziale rivoluzione nel pensiero comune e sarà questa a precedere ogni cambiamento autentico.
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