Carissimo consigliere regionale, la tua entrata in campo a fianco del Sindaco di Roseto, il quale, pur in conflitto d’interessi, aveva chiesto la riperimetrazione della Riserva naturale Borsacchio, ha sicuramente inaugurato un modo nuovo di fare politica , con evidenti implicazioni ed imprevedibili sviluppi bipartisan. Nel tuo progetto di legge, che ridimensiona l’estensione della Riserva da 1187,67 a 314,81 ettari, non ci sono però gli essenziali riferimenti alle vicende che hanno interessato quell’area protetta , e siccome sto scrivendo un libro sull’argomento, ritengo doveroso aggiungere, qui di seguito, quelle notizie storiche ed ambientali che sono state del tutto ignorate.
Fino al 1805 quel territorio, che si estendeva dal fiume Tordino al torrente Borsacchio, fu governato dall’università di Giulia (l’attuale Giulianova). Successivamente, con varie leggi emanate durante l’anno 1806, e con quella del 24 gennaio 1807, entrò in vigore la Riforma Amministrativa promossa dal re di Napoli Giuseppe Bonaparte, fratello del più famoso Napoleone, che assegnò l’intera area Tordino – Borsacchio all’università di Monte Pagano.
La zona più bella è senz’altro la pineta chiamata Mazzarosa, già parco a mare di Giuseppe Devincenzi (1814 – 1903), agronomo versatile ed uomo politico che operò unitamente a personaggi storici, quali Silvio Spaventa e Camillo Benso conte di Cavour, e fu più volte ministro del regno d’Italia. Lo stesso Devincenzi fece gli onori di casa quando passò Vittorio Emanuele II, e lo accompagnò a Teano all’incontro con Giuseppe Garibaldi.
Nel tempo quel tratto di territorio, che va da Cologna Spiaggia al Borsacchio, è rimasto in buona parte inalterato, e nel 1963 il Ministro per la Pubblica Istruzione, di concerto con il Ministro della Marina Mercantile, riconobbe, con Decreto del 27 marzo (G.U. n. 98 dell’11.4.1963), “che la zona predetta ha notevole interesse pubblico perché, costituita da lussureggianti boschetti di pioppo, pini ed altre essenze, con alberi che arrivano in alcuni punti a pochi metri dalla linea di battigia, forma numerosi punti di belvedere aperti al pubblico, a chi percorre la strada n. 16 Adriatica o la ferrovia, dai quali possono godersi meravigliosi e talora estesissimi panorami sul mare, sugli arenili e sui frastagliati profili costieri, così da offrire inoltre un susseguirsi di incantevoli quadri naturali”.
In data 25 ottobre 1969 un nuovo Decreto (G.U. n. 291 del 18.11.1969), emanato dal Ministro per la Pubblica Istruzione di concerto con il Ministro per il Turismo, estese alla collina il vincolo già imposto, attestando che le due zone, fascia costiera e parte collinare, “formano un complesso di punti di belvedere pubblici e di quadri naturali di incomparabile bellezza, interdipendenti fra loro per il concorrere degli stessi punti di vista: dal mare e dalle strade in pianura verso i colli e le alture dell’interno, dalla strada statale e dalla ferrovia verso il mare e le alture suddette e infine da queste ultime e dai loro molti versanti verso la pianura, il mare e il vario andamento della costa e della spiaggia. Tutto concorrente a formare un eccezionale insieme di bellezze panoramiche”.
Carissimo consigliere Rabbuffo, sicuramente non hai letto nemmeno quel prestigioso volume “Roseto nella cultura italiana ed europea”, che riporta gli scritti di quelli che sono stati nostri graditi ospiti, come Margaret Mazzantini, Federico Mola, Nerino Rossi, Michail Nicolaj Semenov, Beatrice Testa, Enzo Siciliano, ecc., i quali hanno contribuito a far conoscere il nostro paese dentro e fuori i confini nazionali.
E proprio Enzo Siciliano, scrittore e critico d’arte, quando è tornato fra noi dopo una lunga assenza, e non ha più ritrovato il Lido delle Rose e la Marina di Monte Pagano in quanto devastati dalla speculazione edilizia, si è sfogato sulla prima pagina di Repubblica e, pensando a quelli come te e come il Sindaco di Roseto, ha bollato con il termine “genieri dell’orrore, i responsabili che nelle coste d’Abruzzo hanno cancellato la grazia dell’architettura spontanea, specie negli angoli che sembravano isolati dalla storia, e che erano i più belli”.
In data 2 novembre 2009 hai dichiarato alla Stampa che la Riserva Borsacchio “è un area di interesse paesaggistico, non naturalistico” e questo denota l’assoluta mancanza di cognizioni sulla vegetazione e sulla fauna di quell’area protetta. Voglio quindi aggiornarti riportando i risultati di una ricerca commissionata dal Comune di Roseto al prof. Gianfranco Pirone, docente del Dipartimento Scienze Ambientali dell’Università dell’Aquila ed autore di oltre 50 lavori scientifici.
Le conclusioni dell’illustre professore sono le seguenti: “Si sottolinea la presenza di elementi floristici di particolare importanza fitogeografica, in relazione alla loro rarità a livello regionale, come Pancratium maritimum (Giglio di mare), Verbascum niveum subsp. Garganicum, Polygonum maritimum, Calystegia soldanella, ecc. Per quanto riguarda i popolamenti vegetali, quelli meritevoli di maggiore attenzione sono: vegetazione delle sabbie litoranee, nucleo di pineta e viale di lecci a Villa Mazzarosa, frammenti di olmo-frassino e di pioppeto a pioppo bianco lungo il torrente Borsacchio, nuclei e filari di roverella della fascia collinare, ecc. Tutti questi ambienti dovrebbero essere scrupolosamente conservati, anche come “serbatoi” di germoplasma per futuri, auspicabili interventi di rinaturazione di alvei e altri habitat del territorio comunale”.
In un successivo articolo del prof. Giovanni Pacioni, dello stesso Dipartimento Scienze Ambientali, si rileva: “Tra gli animali presenti stabilmente si annoverano diversi piccoli mammiferi roditori ed insettivori e sono molti gli uccelli nidificanti, fra i quali il Fratino (Charadrius alexandrinus) protetto dalla Direttiva 79/409 dell’Unione Europea, nonché il Coleottero Tenebrionide (Catomus rotundicollis). Pur nelle ridotte dimensioni l’area rappresenta quindi una importantissima riserva di biodiversità, unico ed ultimo rifugio per numerose specie vegetali, animali e fungine”.
Carissimo consigliere Rabbuffo, la presente dovrebbe farti capire che il tuo progetto è un corpo senz’anima e senza alcuna sensibilità nei riguardi di una Riserva “NATURALE”, lembo residuo del Lido delle Rose e della Marina di Monte Pagano, nella quale i rosetani di origine controllata ritrovano ancora oggi, in splendida simbiosi, la bellezza, il silenzio, la storia, le radici, l’identità, i grandi spazi e i dolci colori della memoria.
Il ritiro del progetto sarebbe quindi l’unica condizione per avviare un confronto sereno tra le Istituzioni, le parti politiche e le associazioni ambientaliste.
Lettera aperta al consigliere regionale Berardo Rabbuffo (di Franco Sbrolla)
Franco Sbrolla,
rosetano di nascita e residenza
P.S.: a titolo di omaggio ti invio, insieme alla presente, una delle tante foto scattate nella Riserva